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Il notaio Monica De Paoli è stata intervistata insieme ai top manager e professionisti di Real Estate 4.0 per fornire indicazioni sul trend del mercato immobiliare 2022.
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Buongiorno Dottoressa De Paoli, quali considerazioni le suscita il particolare momento che il comparto immobiliare sta vivendo in questa fase di mercato, schiacciato tra pandemia e guerra alle porte dell’Europa?
A parte la grande preoccupazione per gli esiti della guerra, che è di tutti e che riguarda qualsiasi comparto dell’economia, credo che vi sia il rischio reale che la ripresa post pandemica sia frenata da fattori emotivi, carenza di materiali, incertezza degli investitori, dovuta anche all’oggettivo e repentino cambiamento di equilibri che stiamo vivendo, che porta inevitabilmente a prediligere l’attesa.
Nonostante tutto, il secondo semestre 2021 e l’avvio del 2022 hanno registrato buoni segnali di ripresa del mercato domestico. Dal punto di vista del vostro osservatorio si è percepita questa ripresa?
La ripresa si è sentita, il mercato immobiliare è molto attivo e questo sia nell’ambito retail che in quello degli investitori istituzionali, sia interni che stranieri. Anche gli incentivi statali – benché non ben congegnati – hanno certamente avuto un ruolo importante. Abbiamo potuto osservare il grande successo del residenziale di nuova costruzione o da costruire e, per i fondi, il costante interesse per i settori della logistica, del turismo e della sanità.
Che impatto prevede che avranno la pandemia e la guerra sull’andamento del mercato immobiliare nel biennio 2022-2023?
Difficile fare previsioni. L’augurio è che la guerra trovi una soluzione negoziata in tempi brevi e che l’Unione Europea tragga nuova forza da questa esperienza. Tradizionalmente – ma non sono un’economista – momenti di grande incertezza fanno privilegiare investimenti liquidi rispetto a quelli immobiliari. Personalmente non mi aspetto tuttavia una rapida decrescita del settore, a meno che appunto la guerra si protragga. Rispetto alla pandemia credo sia maturato un sentimento di accettazione e convivenza oltre al naturale desiderio di tornare alla normalità. Senz’altro questa esperienza ha radicalmente cambiato le aspettative sull’abitare e sul work-life balance, soprattutto nei più giovani. Anche questo si rifletterà sul mercato.
Intravvede delle opportunità per chi vuole investire oggi nel mercato immobiliare italiano ed, eventualmente, su quali settori immobiliari conviene puntare?
Fatta la dovuta premessa che sono una professionista e non una imprenditrice, sono convinta che si debba investire di più e tutti sull’Italia. Il mercato che funziona è ancora purtroppo quello delle due grandi città, 13 Milano e Roma, e di poche località turistiche. Ma l’Italia è un patrimonio culturale, turistico e naturalistico immenso, che se ben gestito, potrebbe diventare – tutto – di grande interesse nell’era della post-pandemia e della post-globalizzazione. E’ necessario un grande patto tra pubblico, privato e privato sociale, per infrastrutturare il Paese creando collegamenti e connessioni non solo fisiche ma progettuali e finanziarie, studiando nuovi modelli di sviluppo sostenibile e intelligente.
Nelle grandi città credo si debba puntare ad una seria rigenerazione dei tanti immobili di edilizia pubblica o convenzionata e alla valorizzazione e connessione delle cosiddette periferie con progetti di nuova residenzialità, sia in vendita che in affitto, con la creazione di nuovi spazi culturali, con collegamenti stabili con Università, istituzioni culturali, Terzo settore ecc. per far si che da luoghi marginali possano diventare motori trainanti di innovazione e modernità. Parigi insegna. Sono considerazioni forse più politiche che tecniche, ma in cui credo profondamente.