Come tutti sappiamo, le stock options sono un ottimo strumento utilizzato dalle s.p.a. per fidelizzare soggetti considerati importanti per l’andamento dell’impresa, che siano parte del management oppure lavoratori dipendenti.
In questo modo, l’impresa rafforza il legame con gli individui strategici non mediante una remunerazione immediata, e non sempre compatibile coi conti in bilancio, ma attribuendo loro il diritto di sottoscrivere in futuro azioni della società, a condizioni prestabilite.
I regolamenti dei piani di stock options disciplinano queste condizioni. Tra queste, c’è un aspetto cui bisogna prestare molta attenzione, e cioè cosa accade quando, per vari motivi, i beneficiari cessano di essere amministratori o dipendenti. Può infatti succedere che soggetti considerati importanti abbandonino la nave, e le motivazioni della cessazione del rapporto incidono sulla sorte delle stock options.
È quindi bene che i regolamenti contengano dettagliate clausole di good leaver e di bad leaver. Abbiamo le prime in caso, ad esempio, di risoluzione consensuale del rapporto, dimissioni per giusta causa, revoca dal CdA senza giusta causa, licenziamento per motivi oggettivi, pensionamento, morte o impedimento fisico. E le seconde in caso, sempre a titolo di esempio, di licenziamento per motivi disciplinari, revoca dal CdA per giusta causa o anche ipotesi non connesse alla cessazione del rapporto, come il rinvio a giudizio per fatti che possano nuocere alla società.
In caso di good leaver i beneficiari possono esercitare le opzioni in misura ridotta in relazione alla loro maturazione e alla durata del rapporto di lavoro. In caso di bad leaver, invece, le opzioni diventano inefficaci.
Le stesse considerazioni valgono per le s.r.l. start up innovative e PMI innovative, per cui è consentito adottare piani di incentivazione remunerati con strumenti di partecipazione al capitale della società.