
Pur essendo condivisibile il principio secondo cui non è sufficiente l’erogazione di una somma fissa a riqualificare un rapporto libero e spontaneo come rapporto di lavoro dipendente, occorre ricordare come il Codice del Terzo settore vieta espressamente che ai volontari siano corrisposti rimborsi spese di tipo forfetario. Non così per i volontari sportivi. L'approfondimento curato dagli esperti di "Milano Notai"
a cura di Monica De Paoli e Maddalena Tagliabue
La pubblicazione di una sentenza dello scorso anno del Tribunale di Foggia ci suggerisce come il tema del rimborso spese ai volontari sia sempre attuale. Come noto, l’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo e al volontario possono essere rimborsate dall’ente tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate.
È da sottolineare l’importanza che l’organo competente predetermini, attraverso apposita delibera e/o all’interno di uno specifico “Regolamento dei Volontari”, le condizioni che consentono il rimborso e i relativi limiti massimi, per evitare contestazioni sia da parte dei volontari sia, in caso di eventuali controlli, da parte dell’amministrazione finanziaria o dell’ispettorato del lavoro.
Proprio da una verifica dell’ispettorato è sorta la controversia che ha dato origine alla sentenza n. 558/2024 in merito alla qualificazione di una somma erogata a soggetti che prestavano la loro attività a favore di un’associazione, nell’ambito della più ampia verifica della sussistenza o meno di un rapporto di lavoro subordinato.
Il Tribunale ha innanzitutto ripercorso la precedente giurisprudenza in materia, secondo cui la sussistenza dell’elemento della subordinazione può essere desunta da una serie di indici sintomatici – da valutarsi criticamente e complessivamente – quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e il versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita.
Poste tali premesse di ordine generale, il tribunale ha evidenziato, quanto al caso specifico, che:
- la firma di un registro delle presenze non è di per sé indicativa della natura subordinata del rapporto, ma è da ritenersi elemento neutro;
- l’attività resa dai soci volontari era connotata da ampia elasticità nelle turnazioni, anche mediante scambi e sostituzioni organizzati dagli stessi volontari senza l’intervento dei responsabili dell’associazione, secondo un meccanismo che ben si attaglia alla flessibilità che caratterizza il volontariato come attività libera e spontanea;
- il divieto di allontanarsi durante il turno è connaturale al tipo di servizio prestato (emergenza sanitaria “118”) e non si riflette, quindi, sulla qualificazione del rapporto, stante l’ovvia necessità di garantire l’intervento con immediatezza.
Restava da valutare la circostanza che ciascun volontario riceveva per ciascun turno una somma fissa a titolo di rimborso spese.
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